mercoledì 14 aprile 2010

6 aprile 2006 - Il Papa 'a tu per tu' con i giovani

Un incontro aperto, quasi a tu per tu quello che Benedetto XVI ha avuto oggi in piazza San Pietro con i ragazzi della Diocesi di Roma in dell’incontro in preparazione alla XXI Giornata Mondiale della Gioventù. Alle domande il Papa risponde a braccio. A un quesito sull'amore il Pontefice risponde ricordando che il matrimonio è 'seguire l’altro nell’amore e così divenire un’unica esistenza, una sola carne, e perciò inseparabili; una nuova esistenza che nasce da questa comunione d’amore, che unisce e così anche crea futuro'. Una vita felice - rammenta ancora Benedetto XVI - si ottiene rinunciando a qualcosa. 'Sappiamo tutti - osserva il Papa - che per arrivare ad un traguardo nello sport e nella professione ci vogliono disciplina e rinunce, ma poi tutto questo è coronato dal successo, dall’aver raggiunto una meta auspicabile. Così anche la vita stessa, cioè il divenire uomini secondo il disegno di Gesù, esige rinunce; esse però non sono una cosa negativa, al contrario aiutano a vivere da uomini con un cuore nuovo, a vivere una vita veramente umana e felice'. 'Poiché esiste una cultura consumistica che vuole impedirci di vivere secondo il disegno del Creatore - avverte ancora Papa Ratzinger - noi dobbiamo avere il coraggio di creare isole, oasi, e poi grandi terreni di cultura cattolica, nei quali si vive il disegno del Creatore'. Rispondendo ad un'altra domanda Papa Benedetto invita i giovani ad una sfida: riportare Dio nella dimensione pubblica. 'Si vuole ridurre Dio al privato, ad un sentimento, come se Lui non fosse una realtà oggettiva e così ognuno si forma il suo progetto di vita. Dobbiamo rendere nuovamente presente Dio nelle nostre società. Mi sembra questa la prima necessità - spiega Benedetto XVI - che Dio sia di nuovo presente nella nostra vita, che non viviamo come se fossimo autonomi, autorizzati ad inventare cosa siano la libertà e la vita. Dobbiamo prendere atto di essere creature, costatare che c’è un Dio che ci ha creati e che stare nella sua volontà non è dipendenza ma un dono d’amore che ci fa vivere'. Infine il Papa si lascia andare ai suoi ricordi, alla sua vocazione nata durante il nazismo. 'Vi era il regime nazista - rammenta il Pontefice - che affermava a voce alta: Nella nuova Germania non ci saranno più sacerdoti, non ci sarà più vita consacrata, non abbiamo più bisogno di questa gente; cercatevi un’altra professione. Ma proprio sentendo queste voci forti, nel confronto con la brutalità di quel sistema dal volto disumano, ho capito che c’era invece molto bisogno di sacerdoti. Questo contrasto, il vedere quella cultura antiumana, mi ha confermato nella convinzione che il Signore, il Vangelo, la fede ci mostravano la strada giusta e noi dovevamo impegnarci perché sopravvivesse questa strada. In questa situazione, la vocazione al sacerdozio è cresciuta quasi naturalmente insieme con me e senza grandi avvenimenti di conversione'.

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