sabato 6 febbraio 2010

25 dicembre 2005 - Urbi et Orbi, il Papa invoca la pace

Un inno di speranza e un'invocazione alla pace. E' il senso del messaggio natalizio Urbi et Orbi pronunciato stamane dal Papa, affacciatosi dalla Loggia delle Benedizioni della Basilica di San Pietro. Benedetto XVI si rivolge direttamente all'uomo di oggi invitandolo a non aver paura del Bambino di Betlemme. 'Uomo moderno, adulto eppure talora debole nel pensiero e nella volontà - ha esortato Papa Benedetto - lasciati prender per mano dal Bambino di Betlemme; non temere, fidati di Lui! La forza vivificante della sua luce ti incoraggia ad impegnarti nell’edificazione di un nuovo ordine mondiale, fondato su giusti rapporti etici ed economici. Il suo amore guidi i popoli e ne rischiari la comune coscienza di essere "famiglia" chiamata a costruire rapporti di fiducia e di vicendevole sostegno. L’umanità unita potrà affrontare i tanti e preoccupanti problemi del momento presente: dalla minaccia terroristica alle condizioni di umiliante povertà in cui vivono milioni di esseri umani, dalla proliferazione delle armi alle pandemie e al degrado ambientale che pone a rischio il futuro del pianeta'. Il Natale è sinonimo di pace, ed il Pontefice la invoca per tutto il mondo. Ma il suo pensiero va alle zone piu' martoriate del pianeta. 'Dio che si è fatto uomo per amore dell’uomo - ha detto Papa Ratzinger - sostenga quanti operano in Africa a favore della pace e dello sviluppo integrale, opponendosi alle lotte fratricide, perché si consolidino le attuali transizioni politiche ancora fragili, e siano salvaguardati i più elementari diritti di quanti versano in tragiche situazioni umanitarie, come nel Darfur ed in altre regioni dell’Africa centrale. Induca i popoli latino-americani a vivere in pace e concordia. Infonda coraggio agli uomini di buona volontà, che operano in Terra Santa, in Iraq, in Libano, dove i segni di speranza, che pure non mancano, attendono di essere confermati da comportamenti ispirati a lealtà e saggezza; favorisca i processi di dialogo nella Penisola coreana e altrove nei Paesi asiatici, perché, superate pericolose divergenze, si giunga, in spirito amichevole, a coerenti conclusioni di pace, tanto attese da quelle popolazioni'

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